Noaman Beji

Il mio nome è Noaman Beji. Sono nato quarant’anni fa a Menzel Beh Zeffa, a nord-est della Tunisia, ma da dodici anni vivo in Italia, a Palermo. Sono un mediatore culturale, a Tunisi ho studiato Storia Moderna che, per qualche anno, ho insegnato in una scuola privata. Poi ho deciso di partecipare ad un concorso per un dottorato di ricerca. Non sono andato in Francia, e neanche nel Nord Italia perché il costo della vita è troppo alto. Così sono partito per Palermo, dove già viveva mio fratello.
Ritengo che sia giusto essere considerato diverso in Italia. Ma perché una diversità esiste davvero. Per il resto qua ho trovato molti amici nelle associazioni e anche nei movimenti di sinistra. L’unico problema è stato quello di non sapere di preciso come muovermi per i miei studi. Poi, finalmente, ho bussato alle porte dell’Istituto di Storia Medievale. Non avrei mai pensato di riuscire a vincere il dottorato senza qualche conoscenza in Italia. È stato un miracolo.

Adesso sono mediatore culturale e lavoro presso una cooperativa, ma ho seguito anche molti ragazzi nel carcere minorile di Palermo. Amo il mio lavoro, mi permette di relazionarmi ogni giorno con le persone, anche se a volte è molto pesante. Spesso mi ritrovo impotente di fronte alla burocrazia e alla legge. È ciò che non riesco ad accettare dell’Italia: la condizione dello straniero clandestino che non viene considerato una persona, ma quasi un handicappato mentale.

Mi diverte invece come i pregiudizi di questa terra sugli stranieri (all’inizio ti chiamano sempre turco) vengano demoliti dopo pochi minuti, lasciando il posto alla cordialità.
Della Tunisia, ad essere sincero, mi mancano molto i bagni pubblici, anche in quanto luogo di aggregazione. Cosa non mi manca di Tunisi? Le bastonate della polizia durante le manifestazioni.

A cura di Arci Sicilia

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